Con i suoi poco più di 700 abitanti, il piccolo Comune di Conca dei Marini è un territorio adagiato su una serie di terrazzamenti, le cui notevoli differenze di quota rendono unico il paesaggio, con i suoi scorci panoramici mozzafiato. Lo storico Enrico Caterina descrive la suggestione dei luoghi con queste parole: “In ogni finestra il sole e da ogni finestra il mare”. Un altro importante letterato dello scorso secolo, Alfonso Gatto, il quale trovò a Conca una piccola casa sul finire degli anni ’60, dedicò al suo tanto amato territorio una lirica dal titolo “Seguendo l’erta di Conca” in cui si descrive, nel suo tipico ermetismo, la paura da mancamento nel salire l’erta scalinata dal mare fino al borgo sovrastante. Distante 5 km da Amalfi e 10 km da Positano, il suo nome deriva dalla particolare conformazione geografica di quel tratto di Costiera. Anticamente occupato dal popolo dei Tirreni, il borgo venne fondato dai Romani, intrecciando sempre buoni rapporti economici sia con la vicina e importante Amalfi, sia con numerose altre realtà del Mediterraneo, grazie al suo piccolo approdo marino.
Già nel periodo medievale, Conca disponeva di ben 27 galeoni di supporto alla Repubblica marinara. Dopo la caduta della Repubblica di Amalfi nell’ XI secolo, Conca passò sotto le dominazioni sveva, prima, angioina, dopo.
Sotto il Viceregno spagnolo, durante la costruzione del complesso sistema di fortificazioni lungo tutta la costa centromeridionale d’Italia, per volere di Don Pedro da Toledo (seconda metà del XVI secolo), anche Conca fu interessata dall’ambizioso progetto realizzando la sua torre a difesa dalle invasioni dei turchi. Posta in cima a un promontorio detto Capo di Conca, essa è a pianta quadrata con un unico vano al pian terreno, con volte a crociera e con due vani al piano superiore. Nella sua parte alta, a coronamento, ritroviamo tre troniere. Una volta cessata la sua funzione, la torre divenne cimitero. Nella famosa stampa “Principato Citra olim Picentia” del Blaeu, risalente al 1665, si evidenziamo le torri tra le quali anche quella di Conca individuata con “T.C. di Conca”. Ben dettagliata risulta la mappa del Rizzi-Zannoni datata 1808: ritroviamo il promontorio di Capo di Conca con la descrizione “P.ta di Conca” su cui si evidenzia la torre, mentre il borgo è posizionato sulle colline in prossimità della linea di costa descritto col nome “Conca”. La vocazione economica di Conca legata non soltanto al mare, dunque alla pesca, ma anche al territorio con i suoi terrazzamenti realizzati grazie al duro lavoro degli uomini, ne ha fatto una realtà con una certa impronta agricola. Caratteristiche sono le abitazioni del borgo, dalla tipica architettura mediterranea, su cui predomina il bianco delle facciate di casette di tipo rurale, realizzate su due livelli: il piano terra è dedicato a deposito o cantina, mentre il secondo ad abitazione. Sebbene sia una piccola realtà affacciata tutta sul mare (sono tre i km di costa che occupa il Comune), Conca dei Marini è un concentrato di numerose attrattive di tipo naturalistico e paesaggistico, ma anche e soprattutto storico-archittettonico.
In prossimità di Capo di Conca, nella sua parte più interna, ritroviamo la Grotta dello Smeraldo, scoperta nel 1932 da un pescatore di Conca, Luigi Buonocore che da allora ha sempre indossato con orgoglio la fascia di: “Scopritore della Grotta dello Smeraldo”, visitabile in barca, presenta un cromatismo blu dalle più svariate sfumature ed è ricca di stalattiti e stalagmiti. Sul fondale è presente un suggestivo presepe realizzato in ceramica vietrese.
Il borgo marinaro di Conca visse un periodo particolarmente florido tra gli anni ’50 e i ’60, comparabile a quello della Dolce-Vita caprese, con la presenza di numerose personalità di spicco dell’epoca come gli Agnelli, i Ruffo di Calabria, la famiglia Chandon, i D’Urso, crocevia di artisti, politici e stelle dello spettacolo.
Tra le personalità più conosciute ricordiamo Jackie Kennedy o Margaret d’Inghilterra assidue frequentatrici del posto. Numerose sono le chiese che costellano il borgo, tra cui il famoso Convento di Santa Rosa, centro nevralgico della vita religiosa e civile del paese.
Il sacro immobile venne edificato nella metà del XVII secolo, per volere di una suora: Rosa Pandolci. La struttura, con schema ad L, è caratterizzata dalla chiesa preceduta da un piccolo atrio. La chiesa invece si presenta con un’aula rettangolare con volta a botte e il presbiterio coperto da una cupola a calotta, si affacciano, infine, tre cappelle per lato e due cori. Durante i periodi festivi, le pie sorelle, che occupavano il monastero, nonostante la clausura, distribuivano pane per i poveri attraverso una struttura formata da un piatto rotante. Si racconta che un giorno una monaca, nel recuperare un po’ d’impasto di pane, per ispirazione divina, realizzava la famosa torta “Santa Rosa” che è la madre dell’attuale sfogliatella. Il monastero fu soppresso nel 1866 per divenire nel 1912, proprietà comunale. In stile barocco è invece la chiesa dedicata a San Giovanni Battista. L’interno, a tre navate, presenta due cappelle ai lati: la prima dedicata alla Madonna del Carmine e la seconda al Beato Bonaventura. Suggestivo è il viale d’ingresso alla chiesa, dal quale si può ammirare un incantevole panorama. Altra chiesa antica è quella di San Pancrazio, edificata nel 1362, ma ricostruita recentemente, al cui interno sono presenti numerosi ex-voto di miracoli attribuiti a un parroco della chiesa vissuto sul finire del XIX secolo: don Gaetano Amodio. Molto bello è il giardino dal quale si raggiunge la vicina Punta Vreca, da dove si ammira la splendida baia di Conca. La chiesa dell’Immacolata, con facciata a capanna, è posizionata, invece, sulla piazza principale del paese. In alto, al centro mostra un singolare campanile a vela; l’ingresso è raggiungibile attraversando una scalea semicircolare. L’immobile è a pianta quadrangolare con tipica copertura a volta lunettata e tutta decorata. Il piccolo presbiterio ospita l’altare maggiore. Particolare è la pavimentazione in ceramica smaltata con piccoli motivi geometrici. La chiesa di San Giovanni Battista e Antonio di Padova, infine, è posta su un piccolo pianoro circondata da terrazzamenti. Voluta dalla famiglia Penna, risale al XIV secolo, anche se alcuni storici affermano che forse la primordiale chiesa sia addirittura del XII secolo. Subì numerose trasformazioni soprattutto tra il XVII e il XVIII secolo. La facciata, con tre portali, è in stile neoclassico, caratterizzata da due ordini sovrapposti con un ritmo di lesene scanalate e capitelli compositi. All’interno la partizione architettonica è caratterizzata da grosse colonne scanalate con capitelli ionici dai quali dipartono archi a tutto sesto. La pianta è su tre navate absidate, con campate coperte da volte a crociera ogivali, e transetto. Sulle pareti laterali si appoggiano numerosi altari e nicchie.
Che dire: sempre belle ed esaustive queste tue ricostruzioni storico-artistiche. Quando avrai completato il ciclo, mi permetto consigliarti di farne una guida turistica ai tesori della provincia di Salerno. Ricorda quello che ci ha detto il grande Piero Angela prima di kascuarci: “io ho fatto la mia parte, ora ognuno faccia la propria”.