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Il primo giornale di Cetara

La rondinaia, un luogo dell’anima

Gli incontri, si sa, sono importanti nella nostra vita, possono indirizzarla ed imprimerle svolte decisive. Inoltre quegli incontri, che il fato dispone sulla nostra strada, possono lasciare tracce profonde nella nostra memoria o possono permettere a noi di lasciare una scia più o meno profonda del nostro passaggio nel mondo. Nella maggior parte dei casi essa è impercettibile, residuo di vite insignificanti, banali, ma vi sono casi in cui quella scia può continuare a suscitare emozioni nell’animo di coloro che vengono dopo di noi. Gli incontri avvengono con persone, con luoghi dotati di particolare fascino. E quei luoghi conservano tracce imperiture di coloro che li hanno attraversati impregnandoli della loro personalità.

Tali considerazioni mi sono venute in mente al ricordo di un luogo dal fascino irresistibile, incastonato come una gemma in una cornice anch’essa dotata di una bellezza difficilmente riscontrabile altrove, ovvero la costiera amalfitana. Mi sono ricordato di una gita fatta, in una passata estate, a bordo del traghetto che collega Salerno con Amalfi e Positano.

Durante il tragitto, alla destra dei viaggiatori si snoda uno spettacolo paradisiaco. Uno spettacolo che cattura gli occhi dei turisti che non sanno più staccarsene. Rocce, su cui si abbarbicano piante verdi, si gettano a strapiombo  in un mare di un  blu profondo e al di sopra un cielo di un azzurro trasparente attraverso scorrono lente solo piccole nubi bianche.

Strette tra i primi contrafforti dei Monti Lattari e le acque del mare, scorrono davanti al passeggero Vietri, Cetara, Erchie, Minori e Maiori, prima di giungere davanti ad Amalfi, dominata dall’alto dal Chiostro del Paradiso. In quella gita, in prossimità di Amalfi, mi apparve, quasi come un miraggio, a mezza costa, aggrappata alla parete rocciosa, come un nido di uccelli marini, una costruzione di un biancore abbacinante, a contrasto col verde della flora spontanea, e col colore delle rocce strapiombanti nel mare. Prima di allora non avevo mai fatto caso a quella visione eterea. Non sapevo cosa fosse.  Mi informai più tardi presso i locali e seppi il nome e la storia di quella casa incantata: La Rondinaia, un edificio il cui fascino è forse maggiore di quello delle due ville che rendono Ravello famosa nel mondo, Villa Rufolo e Villa Cimbrone con la sua strepitosa Terrazza dell’infinito.

La Rondinaia fu eretta negli anni Venti del secolo scorso e fu voluta da Lucylle Szaceny, figlia di lord Grimthorp, colui che aveva fatto già erigere villa Cimbrone, nel cui parco sorse anche la nuova villa. Ancora una volta, a dirigere il nuovo cantiere, Grimthorp volle Nicola Mansi, ravellese da lui conosciuto a Londra. Il capomastro fu un altro ravellese Francesco Amato.

Mentre villa Cimbrone sorge accanto all’ingresso del relativo parco, la Rondinaia invece si trova alla fine di un lungo viale, aggrappata alle rocce a picco, di fronte al mare.

Preso possesso della nuova costruzione Lucylle volle che essa vivesse di una esistenza sua propria e cominciò ad organizzare nei suoi saloni incontri, dibattiti, spettacoli teatrali e di danza, riuscendo così ad attrarre intellettuali ed artisti da ogni parte del mondo.

In poco tempo la villa divenne il punto di riferimento di tutti gli inglesi che transitavano in costiera ed un vero cenacolo intellettuale. Per le sue stanze passarono i personaggi più importanti del mondo letterario, musicale, cinematografico e politico dell’epoca. Nessuno poteva resistere al fascino di quel luogo ed all’ospitalità della sua proprietaria.

Più tardi a soggiacere a quel fascino fu uno degli intellettuali più importanti dell’America del XX secolo, lo scrittore, saggista e sceneggiatore Gore Vidal.

Il primo incontro di Gore Vidal con la Rondinaia risale al 1948, quando il suo amico Tennessee Williams lo accompagnò con una jeep a visitare il luogo e fu amore a prima vista. Da quel momento, l’idea di acquistare quella casa a strapiombo sul mare non lo abbandonò più.  Lo scrittore, all’epoca, risiedeva ancora nella sua casa newyorkese la Edgewater che aveva trasformato in un punto di incontro di artisti e personalità della società americana.

Più tardi, stanco dell’America Vidal si trasferì a Roma, col suo compagno di una vita Howard Austen. Nella capitale prese in affitto una casa in Largo di Torre Argentina la cui vista incantava tutti i suoi ospiti che, da ogni angolo di mondo, convenivano nel nuovo cenacolo romano.

Nel 1972 il suo compagno Austen vide su un quotidiano l’annuncio della vendita di un immobile a Ravello e, quando ne parlò a Vidal, in questo l’antica scintilla, accesa nel ’48, riprese vigore. Dopo un paio di visite alla villa, fu deciso di acquistare la proprietà insieme ad alcuni acri di parco tutt’intorno. Lo scrittore accese un mutuo di circa un milione e mezzo di dollari e nel 1953 egli e il compagno si trasferirono alla Rondinaia che divenne la loro abitazione principale. Quando era costretto a viaggiare, lo scrittore era solito esprimersi così: “Quando sono lontano penso sempre a Ravello.”

Di Ravello lo scrittore fu insignito della cittadinanza onoraria. Il suo soggiorno alla Rondinaia si protrasse per quasi trentatrè anni. In quella casa scrisse la sua biografia: “Palinsesto”, uscita nel 1995 ed uno dei suoi romanzi più famosi “Navigando a vista”, pubblicato nel 2005.

Purtroppo nel 2003 muore il suo compagno Austen e Gore Vidal, anch’egli ormai ottuagenario, decide di tornare negli Stati Uniti. La villa verrà messa in vendita ed acquistata da imprenditori italiani che ne faranno un hotel di lusso.

I nuovi proprietari hanno tuttavia deciso di lasciare gli ambienti cui maggiormente era legato lo scrittore, intatti. Tale è rimasto ad esempio lo studio in cui Vidal passava le giornate intere, immerso nella scrittura e ne riemergeva solo la sera. In quella stanza in cui aleggia ancora la sua presenza ci sono ancora tutti i suoi libri, gli spartiti, le fotografie, i suoi oggetti personali quale ad esempio la Olivetti Lettera 35 su cui sono nati alcune delle sue opere più famose, il ritratto sopra il caminetto dono di Rudolph Nureyev, i suoi tappeti acquistati in Marocco. Lo studio insomma è stato trasformato in un museo dedicato a Gore Vidal, il più celebre proprietario della Rondinaia ed in esso ancora oggi si percepisce la sua presenza, come un’aura soffusa, che ci parla di un tempo ormai concluso.

 

 

 

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