“Dall’entro della costa all’ampia svolta, verde di casa rosa Atrani bianca, città d’un tempo e d’ogni giorno è colta dalla sorpresa d’essere: l’affranca di luce il suo costrutto per dimore che ascendono murate a vivo, illese nel tenere per saldo e per nitore terrazze a sghembo, cupole di chiese. Nelle arcate profonde del viadotto il mare verde inabissato annera. In alto i vetri del tramonto, sotto questo fresco parlare che è già sera”, scriveva il poeta Alfonso Gatto, innamorato da sempre di quel territorio posto a sud ovest del Capoluogo, Salerno. Quasi al centro della Costiera Amalfitana, Atrani è un piccolo borgo a pochi metri da Amalfi (a cui si accede attraverso una breve galleria) ed è considerato il comune più piccolo, ma con la più alta densità abitativa d’Italia.
Atrani deve il suo nome alla particolare conformazione orografica del territorio con due alti colli ad ovest e ad est che formano, proprio in corrispondenza del paese, una sorta di antro al cui interno scorrono le acque del fiume Dragone.
L’agglomerato urbano mostra le caratteristiche tipiche dei comuni della Costiera con case per lo più bianche, slarghi, chiese e vicoletti che s’intersecano salendo versi i monti attraverso un susseguirsi di scale che passano sotto volte ed archi, in un continuo viavai di luci ed ombre.
Anticamente occupata da alcune ville, in epoca romana, Atrani viene per la prima volta nominata in una lettera di Papa Gregorio Magno destinata al Vescovo Pimenio. Il borgo vive, durante il medioevo, un periodo di grande splendore: in Atrani, città gemella della vicina Amalfi, aveva luogo la cerimonia d’incoronazione dei Duchi della Repubblica Amalfitana (il cui Ducato si estendeva da Cetara a Positano) all’interno della chiesa di San Salvatore in Birecto, luogo sacro in cui gli stessi Signori venivano anche sepolti. Non solo borgo marinaro, al suo interno si svilupparono alcuni pastifici e fabbriche di preziosi drappi e sajette ovvero pezzi di lana utilizzati per la realizzazione di abiti: il commercio, inoltre, era molto florido e l’esportazione toccava anche numerose sponde del Mediterraneo. Il borgo, dunque, visse di rilesso le stesse sorti di Amalfi, compresa anche il suo decadimento.
Il paese subì numerosi danni a seguito del saccheggio, intorno al 1135 dei pisani. Fu poi quasi completamente distrutta da un maremoto il 24 settembre del 1343, come testimonia il poeta Petrarca in una epistola delle “Le Familiari”. Alla metà del XIII secolo, Manfredi inviò un esercito di 1000 alessandrini contro gli Atranesi schierati a favore del papato. Occupato dai mercenari alessandrini, il borgo fu successivamente abbandonato, secondo la credenza, per intercessione di Santa Maria Maddalena, a cui rivolsero le loro preghiere gli atranesi rifugiatisi ad Amalfi. Nella parte alta del paese vi è una grotta detta di Masaniello poiché in essa si nascose, dai gendarmi del Vicerè di Napoli, Tommaso Aniello detto Masaniello (di madre atranese, fu protagonista della “Risolta dei Fichi” contro l’aumento dei dazi ortofrutticoli nel 1647). Meta di numerosi artisti, poeti, pittori e compositori di musica, il borgo di Atrani e il suo circondario è stato più volte rappresentato in numerose opere pittoriche.
Ricordiamo il quadro del pittore austriaco Joseph Rebell nel 1817: in cui si rappresenta il borgo dalla spiaggia con, in primo piano, alcuni pescatori di ritorno dal mare e il pittoresco paese arroccato alla collina ancora privo della strada Amalfitana (la strada Statale, difatti, verrà progettata dagli ingegneri borbonici e realizzata tra il 1832 e il 1850). La mappa del Rizzi Zannoni, risalente al 1808, in cui è ben visibile l’assenza della strada Amalfitana (anche su Atrani) ci fa comprendere, inoltre che i borghi marinari potevano essere raggiunti principalmente via mare o attraverso ripidi, tortuosi e piccoli collegamenti di montagna.
Del secolo successivo sono le celebri incisioni del grande artista olandese Maurits Cornelis Escher che tra gli anni ’20 e ’30 realizza le sue opere Metamorfosi, in Dilapidated houses in Atrani, in Covered alley in Atrani o ancora Coast of Amalfi. Non possiamo dimenticare, inoltre, la presenza del drammaturgo norvegese Erik Ibsen il quale, nel corso di un soggiorno in un albergo del paese, diede vita al suo capolavoro teatrale “Casa di Bambola”, o ancora del grande Riccardo Wagner che nel 1880 raggiunse Ravello a cavallo di un asino partendo proprio da Atrani, e fu a Ravello che s’ispirò per la scena del giardino di Klingsor per il secondo atto del “Parsifal”. Nonostante sia soltanto un piccolo borgo, Atrani accoglie, al suo interno, numerose chiese e cappelle.
Tra le più interessanti ricordiamo la chiesa di San Salvatore de’ Birecto, attualmente in stile neoclassico (raggiungibile attraverso una scalinata che dalla piazzetta principale del paese raggiunge il sagrato) è in realtà molto antica, risalendo, difatti, alla metà del X secolo d.C.
Essa ha avuto un’importanza centrale in quanto, fungendo quasi da Cappella Palatina, accoglieva al suo interno la cerimonia dell’incoronazione dei Duchi di Amalfi in occasione della quale gli stessi avevano l’obbligo di indossare un cappello detto “birecto”, sebbene per alcuni storici, “birecto” vuol significare anche specchio d’acqua ovvero quella del vicino fiume Dragone. Il suo ingresso è caratterizzato da una interessante porta bizantina in bronzo (voluta dal nobile Pantaleone Viaretta nel 1087), mentre al suo interno presenta un pregiato apparto decorativo con suppellettili tra i quali un gruppo ligneo raffigurante la Madonna con la Madonna con Bambino, realizzata da Pietro Alemanno nel XV secolo. La chiesa presenta, inoltre, un pluteo marmoreo dell’XII secolo, sul quale si scorgono altorilievi in stile bizantino rappresentanti figure antropomorfe di derivazione longobarda.
Altra chiesa particolarmente importante è la Collegiata di S. Maria Maddalena, fondata nel 1274 sui resti di un’antica rocca medioevale, e voluta, per ringraziamento alla Santa Patrona, dagli stessi atranesi dopo la liberazione dall’occupazione saraceni (alessandrini mandati dal Manfredi). Recentemente restaurata, la facciata risulta secondo lo Schiavo: “l’unico esempio di Rococò sulla Costa d’Amalfi”. L’immobile sacro è la risultante di numerose modifiche subite nei secoli. Posizionata su un promontorio, è anche un punto panoramico di particolare suggestione. In cima al monte Aureo è posizionata una piccola e suggestiva chiesetta bianca, Santa Maria del Bando. Realizzata molto probabilmente intorno al X secolo la sua denominazione ha una doppia spiegazione: o perché da tale altezza si proclamavano gli annunci pubblici delle leggi e delle disposizioni varie o perché in realtà su un affresco del XV secolo si vede la Madonna che interviene nel corso di una condanna a morte, liberando il malcapitato dall’impiccagione.